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                         SANTUARIO DELLA MADONNA DEL PETTORUTO (556m) - PIANO DI LANZO (1352m)

 

 

Numero sentiero: 601 C  (Sentiero Italia)

Gruppo Montuoso: Orsomarso - La Mula - Montalto
Comune:  San Sosti ( CS) - San Donato di Ninea (CS) 
Inizio Percorso:  Santuario della Madonna del Pettoruto (556m) - Lat N 39° 39.943' - Long E 16° 00.372'
Fine percorso: Piano di Lanzo (1352m) - Lat N 39° 43.739' - Long E 16° 01.248'
Difficoltà: E (Escursionistico)
Tempo di percorrenza (in ore): andata 8.50, ritorno 7.40
Dislivello totale:  in salita 1282m, in discesa 486m
Lunghezza: 18400 m
Rifornimento idrico: Casiglia - Fontana Frida 
Come arrivarci: San Sosti si raggiunge uscendo al casello autostradale A3 SA/RC di Spezzano Albanese Terme e proseguendo in direzione di San Marco Argentano, giunti allo scalo svoltare a destra per San Sosti. Il Santuario si raggiunge dall'ingresso dell'abitato di San Sosti seguendo le indicazioni.

Info, punti di appoggio: San Sosti: "Temesa" servizi e promozione turistica del territorio  tel. 349.8104187 - San Donato di Ninea: Area camper attrezzata in località Ghianette della Tona - Municipio  tel. 0981.63011 - 0981.63051 

NOTA: Il sentiero è stato realizzato nell'anno 2005, manutenuto una prima volta nell'anno 2009, per ultimo nel 2017.

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DESCRIZIONE DEL PERCORSO

 

 

 

 

Dal Santuario, lungo la vecchia strada di ingresso al luogo sacro, si raggiunge l'abitato di San Sosti e lo si attraversa percorrendo il viale principale fino a Via Vetturino. Subito dopo vi è uno slargo -con la statua di Padre Pio- dove si imbocca la strada a sinistra in forte salita. Dopo 600 metri si gira a sinistra sulla strada selciata che porta al Castello della Rocca. 

Pochi metri prima del Castello della Rocca è necessario lasciare il selciato ed imboccare il sentiero sulla destra prima di un grande masso, proseguendo su una antica mulattiera della transumanza che porta al Piano Casiglia. 

Il sentiero si snoda a mezzacosta lungo il versante Ovest del crinale fino a raggiungere il Pianoro di Casiglia, passando sotto il caratteristico crinale delle “Due Dita”. Dall'abbeveratoio di Casiglia, superato il laghetto artificiale e la casetta, si continua sulla stradina sterrata fino all’altezza del bilico per la pesa del legname. Lasciato lo sterrato ci si inoltra nel bosco di lecci costeggiando la rete di recinzione e si giunge nel pianoro sovrastante, sulla sinistra si imbocca e si segue il sentiero fino ad intersecare la stradina che confluisce nel Vallone della Zoppatura. 

Proseguendo vicino il vallone, dopo una forte salita, si arriva ad un primo pianoro antistante il Piano del Campo, poi, avanzando sulla destra e inoltrandosi lungo il fosso, si esce sul grande pianoro. Tenendosi sulla destra si attraversa in diagonale il grande piano fino a raggiungere l'altra strada di esbosco. 

Qui, verso sinistra, si può raggiungere la cima della Mula (non segnata); verso destra in discesa, si arriva, dopo una ampia curva girando a sinistra, alla Fontana Frida: da qui, osservando la segnaletica, si percorre l'ultimo tratto di sentiero che porta al Piano di Lanzo.

 

STORIA, AMBIENTE E CULTURA

 

 

 

 

Storia.

La storia delle popolazioni di questa zona è legata principalmente alle risorse del territorio. Vi si struttura, infatti, una società ad economia agricola molto povera in un paesaggio in cui si distinguono tre fasce di vegetazioni e relative possibilità di coltura: l’oliveto specializzato, le colture miste, i pascoli ed il bosco. I primi villaggi nascono nella zona limite tra le colture specializzate e miste ad economia prevalentemente agricola; altri si sviluppano nella zona limite fra quelle miste e le aree montane retrostanti poco adatte alle coltivazioni, consentendo, quindi, soltanto una economia pastorale e di raccolta delle castagne integrata da una economia artigiana legata al bosco ed esplicata durante il riposo nei mesi invernali. Questa zona fu sede di importanti vie di comunicazioni, fin dal Neolitico, fra la piana di Sibari e le regioni tirreniche. Si pensi alla via dei salinari o alla antica via, frequentata dall’età protostorica, che si incunea nelle gole del fiume Rosa. "Tutto il paesaggio", osserva Givigliano, "è ampiamente dominato da questa gola montana che, anche in lontananza, assume l’aspetto di una netta spaccatura fra le vette di Spina Santa a S/O e di Montalto e Mula a N/E, quasi un invito per chi dalla piana di Sibari risalendo la valle dell’Esaro, si inoltra fra quei monti oltre i quali, a brevissima distanza, c’è il Tirreno". Lungo questa antica strada di collegamento tra lo Jonio ed il Tirreno sono stati costruiti, fra il X e la prima metà dell’XI secolo, sia strutture religiose (Santuario della Madonna del Pettoruto) che aree fortificate come i Casilini di San Sosti e, sul versante opposto del fiume Rosa, il Castello della Rocca.


Ambiente.
Questa tappa sale sul lato destro della valle del Fiume Rosa, incontrando una ricca e varia vegetazione: nelle fenditure delle rocce e tra il pietrame fiorisce la splendida Campanula fragilis; nelle zone più umide della valle troviamo capelvenere che si mischia a tappeti di muschio; sul costone destro del fiume vi è la presenza del tasso, mentre sul lato opposto troviamo, con una ampia diffusione, l’alloro. Alle quote più basse crescono leccio e fillirea misti ad orniello e carpino nero, nelle parti più umide e fresche della valle compaiono il carpino bianco, l’acero di Lobelii (endemico dell’Italia meridionale). Salendo in quota troviamo il faggio, non prima di aver incontrato boschi misti di cerro ed acero caratterizzati, in alcune zone, da uno straordinario popolamento di Peonie, esclusive di questi luoghi e del Parco della Cessuta in territorio di Cerchiara di Calabria. In questi boschi si nasconde il capriolo autoctono, una popolazione non contaminata geneticamente da reintroduzioni e la cui sopravvivenza è importantissima per la biodiversità. Fra i carnivori di grossa taglia si segnala la presenza del lupo e sul fiume Rosa sembra che viva, in numero esiguo, la lontra, predatore acquatico ormai molto raro in Italia. Tra gli anfibi che popolano i torrenti di questa area vi è da segnalare la salamandrina dagli occhiali, che deve il suo nome alla presenza di una macchia triangolare più chiara sugli occhi. Lungo il sentiero, se percorso in silenzio ed attenzione, si possono osservare diverse specie di uccelli: la poiana, rapace diurno comune e facilmente riconoscibile mentre veleggia nel cielo sopra le radure, il pecchiaiolo che è di passo in primavera, lo sparviere e l’ astore che vivono nei boschi che si attraversano.


Cultura.
Dal 1º all’ 8 settembre presso il Santuario della Madonna del Pettoruto si celebrano i festeggiamenti in onore della Vergine e a cui partecipano folle di fedeli provenienti da tanti paesi. In questa occasione si svolge anche una fiera mercato con la sagra del piatto tipico del mese, "a cotta", a base di carne di capra. Il Santuario si trova a 556 m di altitudine: di fondazione medievale, venne eretto nel 1274 per iniziativa della Abbazia di Acquaformosa. Fu distrutto dal terremoto nel 1783 e ricostruito nel 1834. Il nome della Madonna, Pettoruto, deriva da “petruto”, zona montagnosa e irta di pietre. La tradizione racconta che tanti anni fa, uno scultore di nome Nicola Mairo, costretto a fuggire perché accusato ingiustamente di violenza carnale, cercò rifugio nella impervia e selvaggia gola del fiume Rosa e fece voto di scolpire la statua della Madonna. Dopo aver sciolto il voto fu miracolosamente riconosciuta la sua innocenza e potè tornare al suo paese. Lo scultore non parlò mai con nessuno di questa sua opera e così la statua restò sconosciuta per molti anni fino a quando un pastorello, muto dalla nascita, la scoprì. La Madonna chiamò a sè il pastorello e gli disse: "Va’, Giuseppe, dal parroco di San Sosti e digli in mio nome che qui voglio che mi si edifichi una chiesa". Il pastorello corse giù in paese e chiamò ad alta voce il parroco, attirando l’attenzione delle persone che passavano e che, insieme al parroco, lo ascoltavano meravigliati perché lo sapevano muto sin dalla nascita; fu, però, proprio la voce che miracolosamente usciva da quella bocca a far credere alle sue parole, e così innalzarono una chiesetta dove venne rinvenuta la statua.
 

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