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                         PIANO NOVACCO (1315m) - MONTE CARAMOLO (1827m)

 

Numero sentiero: 631 

Gruppo Montuoso: Orsomarso - M. Caramolo - M. Palanuda 
Comune: Saracena
Inizio Percorso: Piano Novacco (1315 m) - Lat N 39° 48.682' - Long E 16° 02.659' 
Fine percorso: Monte Caramolo (1827 m) - Lat N 39° 47.964' - Long E 16° 05.597' 
Difficoltà: E
Tempo di percorrenza (in ore): andata 4.10, ritorno 3.10
Dislivello: in salita 623 m, in discesa 111 m
Lunghezza: 7.700 m
Rifornimento idrico: Piano Novacco - Sorgente Scifarello
Come arrivarci: Saracena si raggiunge uscendo al casello autostradale A3 SA/RC di Sibari in direzione Castrovillari; oppure a quello di Morano Calabro in direzione Castrovillari - Saracena. A Piano Novacco si arriva imboccando la strada montana situata nella parte alta del paese.
Info, punti di appoggio: Saracena: Rifugio Piano Novacco; Rifugio A.F.O.R. Piano Novacco; info Municipio tel. 0981.34183/34160;

Rifugi incustoditi a Piano Scifarello e Piano Caramolo. 

NOTA: Il sentiero è stato realizzato nell'anno 2005. Data dell'ultima manutenzione, effettuata dal CAI Castrovillari, settembre 2014.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DESCRIZIONE PERCORSO

 

 

 

 

Dal Piano di Novacco in direzione Sud si incontra la stradina proveniente da Rossale, si piega a sinistra e si prosegue sulla sterrata principale. Dopo una serie di tornanti in salita, sulla sinistra, si incrocia un sentiero, all'altezza del vallone Bruscata, che porta alle sorgenti di Scifarello. 

Seguendo in forte salita la sterrata dopo pochi minuti si arriva in prossimità delle captazioni della sorgente e, continuando sulla sterrata per Piano Scifarello, si giunge in pochi minuti al passo omonimo. 

In discesa, verso Est, costeggiando il Piano si avanza verso destra fino ad una recinzione di filo spinato oltrepassata la quale si prosegue verso destra su una larga sterrata fino a Piano Caramolo, nei pressi di un edificio incompiuto e abbandonato.

Superato l'edificio si circumnaviga il piano fino al suo opposto dove un sentiero sulla sinistra, ricostruito dal personale dell'Azienda Forestale Regionale, in poco tempo porta in vetta. 

In alternativa, prima di giungere all'edificio, si può lasciare la strada sterrata, scendere nel pianoro e attraversarlo in diagonale; giunti di nuovo sulla sterrata si prosegue dritti verso la cima seguendo il sentiero.

Ritorno per la stessa strada.

 

In inverno eccezionale itinerario con le racchette da neve o per praticare lo sci di fondo escursionistico.

 

STORIA, AMBIENTE E CULTURA

 

 

 

 

Storia.
L’ inizio del XX secolo vede, purtroppo, in tutta Italia un progressivo incremento del disboscamento: i boschi, ancora selvaggi e secolari, del Parco Nazionale del Pollino, vengono aggrediti da una moltitudine di tagliaboschi e di società di produzione di legname la maggior parte originari del Nord. Tra Piano Novacco e il Monte Caramolo nel 1911 la Rüeping s.p.a. dà vita ad una attività aziendale forestale, realizzando, contemporaneamente, un grande complesso di segherie, un impianto di teleferiche e una "decauville", ferrovia a scartamento ridotto i cui convogli erano formati da vagoncini smontabili che venivano trainati da piccole locomotive.

Ben presto le attività si allargarono dal comune di Saracena, in cui sono compresi il Monte Caramolo e Piano Novacco, ai comprensori montani dei comuni di Lungro, Firmo, Morano Calabro e Mormanno. L’espansione tentacolare della Rüeping raggiunge l’apice nel 1927, allorché riuscì a comprendere anche il patrimonio boschivo dei comuni di Acquaformosa, S. Donato di Ninea, San Sosti e Verbicaro, portando i suoi poderosi impianti a Valle Scura, alle falde del Pellegrino, alla Perticosa fino alla scalo ferroviario di Verbicaro.

La Rüeping sfrutta le foreste dei monti dell’Orsomarso per circa 25 anni, ma oggi fortunatamente, dopo più di 70 anni, la natura ha riparato i danni che gli uomini avevano provocato. Le bellissime foreste si sono ritornate fitte ed immense come prima e -a ricordo della Rüeping- rimane solo il tracciato della ferrovia oggi usato dagli escursionisti come comodo sentiero tra i faggi che sembrano eterni.


Ambiente.
II gruppo del Monte Caramolo è costituito da una serie di brevi dorsali fittamente ricoperte di foreste di faggi: Serra della Lupara (m 1803), Timpone Scifarello (m 1765), Timpone della Magara (m 1701), Serra Coppelli (m 1723). Tra questi monti si estendono ariosi pianori adibiti a pascolo: Piano Campolongo, Piano Caramolo, Piano Scifarello, Piano Novacco, Piano del Minatore.

Volgendosi verso oriente il Monte Caramolo scende verso la valle del Torrente Garga. Dalla cima del Caramolo si può osservare, in tutta la sua grandezza, l’intera catena del Pollino, composta dalle cime più alte del Parco. Sul fogliame dei faggi vive uno dei più bei coleotteri europei: la rosalia alpina, di colore azzurro cenere con tre coppie di macchie nere contornate di bianco sulle elitre. Tra i rami si muove con agilità alla ricerca di nidiacei e uova il più grande serpente italiano, il cervone, che può raggiungere i 240 cm di lunghezza.

Sulla cima scoperta del Caramolo e sui pianori volteggia l’aquila reale: con un’ apertura alare che può superare i due metri e una lunghezza dalla punta del becco all’ estremità della coda di circa 90 cm è il più grande rapace italiano. Nei boschi che attraversiamo, vivono numerosi altri uccelli, come il picchio nero: di notte possiamo udire il verso del più grande predatore notturno, il gufo reale; tra i mammiferi, trova rifugio e cibo in questa area il capriolo autoctono, l’ ultima popolazione della razza originaria dell’ Appennino insieme con quella che sopravvive sul Gargano. Esso è preda del carnivoro più grande che vive nel Parco: il lupo. È stato segnalata, inoltre, la presenza in questa zona del gatto selvatico.


Cultura.
II territorio, che questo sentiero attraversa, è stato nei secoli passati, ed ancora oggi in minor misura, zona di pascolo delle grandi mandrie che salivano dalla pianura nel periodo estivo. Accompagnavano gli armenti uomini intrisi di una forte cultura e civiltà contadina e pastorale in gran parte oggi andata perduta. Rimpiangendo ciò che di buono questa trasmetteva si può affermare che il più grande spreco che la nostra civiltà tecnologica ha potuto compiere è stato quello di rompere con questo mondo da cui derivano le nostre radici.

È stato un grande errore non cogliere la saggezza della cultura contadina e pastorale legata alla terra. Per fortuna, ancora oggi, nell’ era della globalizzazione, questo territorio è un grande archivio e nel contempo un fantastico laboratorio di saperi, di tecniche di allevamento, di genti, di piante, di animali, di voci e storie.

 

 

 

 

 

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