Cai Castrovillari Sentieri
SANT'AGATA D'ESARO (447m) - SANTUARIO DELLA MADONA DEL PETTORUTO (556m)
Numero sentiero: 601 B
Gruppo Montuoso: Orsomarso - Montea
Comune: Sant'Agata d'Esaro (CS) - San Sosti (CS)
Inizio Percorso: Sant'Agata d'Esaro (447m) - Lat N 39° 37.466' - Long E 15° 58.908'
Fine percorso: Piazzale del Santuario della Madonna del Pettoruto (556m) - Lat N 39° 39.943' - Long E 16° 00.372'
Difficoltà: E (Escursionistico)
Tempo di percorrenza (in ore): andata 6.50, ritorno 6.40
Dislivello: in salita 929 m, in discesa 824 m
Lunghezza: 15220m
Rifornimento idrico: Fontana di Cornia - Piazzale Santuario
Come arrivarci: Sant'Agata d'Esaro si raggiunge uscendo al casello autostradale A3 SA/RC di Spezzano Albanese Terme e poi proseguendo in direzione di San Marco Argentano; oppure da Belvedere Marittimo si prende la vecchia SS 105. Il Passo dello Scalone si raggiunge percorrendo la SS 105 che dal paese va in direzione di Belvedere Marittimo.
Info, punti di appoggio: Sant'Agata d'Esaro: Municipio 0981.62890 - San Sosti: "Temesa" servizi e promozione turistica del territorio 349.8104187
NOTA: Il sentiero è stato realizzato nell'anno 2005, manutenuto una prima volta nell'anno 2009, per ultimo nel 2017.
DESCRIZIONE PERCORSO
Si parte a cinquecento metri dal centro abitato di Sant'Agata, in salita su una stradina asfaltata, nei pressi di una curva dove si trova una statua votiva.
Salendo si apre una spettacolare visione sulla Valle dell'Esaro con nel mezzo il centro storico del paese.
Proseguendo sulla stradina, sulla sinistra, appare un sentiero, delimitato da una staccionata di legno, che porta alla Grotta della Monaca, antico insediamento preistorico. Ritornando sulla stradina, si prosegue in leggera salita all'interno di un fitto bosco di querce e lecci: il fondo stradale diventa sterrato e incrocia la strada dell'acquedotto. Ignorandola si prosegue in salita attraverso il bosco di castagni fino a raggiungere un cancello di protezione degli animali al pascolo (richiuderlo dopo il passaggio). Continuando sulla stradina sterrata, dopo alcuni tornanti, si intravede un capanno in lamiera usato come ricovero provvisorio per il pascolo estivo. Si continua verso un secondo capanno, superatolo sulla sinistra si prosegue e prima della selletta si arriva ad un piccolo rifugio in legno, sempre aperto ricovero per gli escursionisti. Raggiunta la selletta si piega a destra e si raggiunge la Fontana di Cornia.
Lasciata la fontana si imbocca, sulla destra, in piano, il sentiero attrezzato, fino a raggiungere un secondo abbeveratoio (Vena della Volpe) per poi proseguire aggirando il crinale fino a riprendere il sentiero attrezzato.
Dopo aver attraversato un ponticello si sale lungo una scalinata con staccionata (molte parti di questa risultano in cattive condizioni), che sostituisce quello che prima era un punto critico, incontrando la Sorgente Roberta, e in salita nel fitto bosco di faggi si raggiunge la Tavola dei Briganti.
Variante alla Montea (non segnata).
Dalla Fontana di Cornia si prosegue lungo la stradina forestale in leggera salita seguendone l'andamento e, dopo aver superato una sorgente, si avanza fino ad intersecare il crinale. Qui si abbandona la stradina che scende e penetrando nel bosco ci si inerpica sulla sinistra lungo lo spartiacque. Tenendosi in cresta si continua a salire fino ad uscire fuori del bosco.
In un continuo zigzagare si giunge sull'anticima orientale della Montea da dove, sempre lungo il crinale, si raggiunge la vetta vera e propria ubicata dopo il punto geodetico. Fare attenzione tra l'anticima e la cima ad un tratto di sentiero molto esposto dove è consigliabile essere muniti di corda. Si ritorna per la stessa strada.
Dalla Tavola dei Briganti si prosegue mantenendosi lungo il crinale fino a raggiungere una sella (qui si può compiere una deviazione di poche centinaia di metri verso sinistra in discesa nel bosco di faggi costeggiando la rupe, per vedere da vicino lo spettacolare effetto di “Petra Purtusata”, una montagna bucata).
Si scende nel versante opposto lungo il crinale fino a raggiungere un colle da dove è necessario scendere verso sinistra tra i loricati e proseguire in direzione della strada sterrata.
Si prosegue piegando a destra verso il pianoro di Campicello: da questa località si avanza lungo la strada sterrata fino a scollinare. Dopo alcuni tornanti, facendo ben attenzione, è necessario imboccare sulla sinistra, in prossimità di una curva stretta, una traccia di strada che poi si trasforma in mulattiera fino al vallone, dove si imbocca il sentiero evidente che porta all'area archeologica di Artemisia superata la quale, seguendo il tracciato, si discende al Santuario della Madonna del Pettoruto.
STORIA, AMBIENTE E CULTURA
Storia.
La storia di questo territorio è legata alla fondazione e all’ espansione dell’ antica città magno greca di Sibari (710 - 511 a.C.) che si serviva del fiume Esaro per i suoi trasporti verso l’ interno e verso il Tirreno. A testimonianza della presenza dei greci, vi è il ritrovamento della famosa Ascia dei Casilini di S. Sosti: in bronzo di buona fattura, recante una dedica ad Era, dea della pianura, da parte di un vittimario, di nome Qunisqos, che offre alla dea un decimo dei suoi proventi è oggi custodita al British Museum di Londra. Sui Casilini (Artemisia) probabilmente era ubicato un importante Santuario extraurbano e, poiché anche alle transazioni commerciali si dava un carattere sacro suggellando con un sacrificio comune l’accordo raggiunto, la presenza del vittimario Qunisqos deve essere stata importante e ben remunerata. Il sentiero in massima parte coincide con il percorso della rotta commerciale verso il Tirreno dei coloni achei.
Ambiente.
La tappa si snoda tra i monti dove nascono i fiumi Esaro e Rosa. In prossimità di questo territorio si suole far terminare l’ Appennino calcareo meridionale e precisamente in località Passo dello Scalone, dove le rocce calcareo-dolomitiche dei complessi prevalentemente carbonatici, caratteristici dell’area settentrionale appenninica, lasciano il posto a rocce metamorfiche. Il paesaggio è costituito da cime aguzze, macereti, profondi dirupi, valli strette e profondamente incassate, nelle quali scorrono, erodendo, i numerosi torrenti. Il territorio presenta una ricca e varia vegetazione dove alle quote più basse crescono leccio e fillirea misti ad orniello e carpino nero; nelle parti più umide e fresche della valle compaiono il carpino bianco, l’ acero di Lobelii (acero endemico dell’ Italia meridionale). Salendo in quota troviamo il faggio, non prima di aver incontrato boschi misti di cerro ed acero caratterizzati, in alcune zone, da uno straordinario popolamento di peonie. In questi boschi si nasconde il capriolo autoctono, una popolazione non contaminata geneticamente da reintroduzioni e la cui sopravvivenza è importantissima per la biodiversità. Fra i carnivori di grossa taglia si segnala la presenza del lupo. Inoltre, sul fiume Rosa, sembra che viva in numero esiguo, la lontra, specie di predatore acquatico ormai raro in Italia.
Cultura.
Sant’Agata d’Esaro (come la maggior parte dei paesi del Parco attraversati dal Sentiero Italia) ha una tradizione e una cultura d’ origine contadina, quindi gli eventi, gli usi e i costumi sono legati a quest’antico mondo. La sera del 1° maggio si va in giro visitando le case, con cesti sulla testa, cantando "u bellu maiu", una sorta di serenata in onore del mese di maggio per propiziare il raccolto. Sul territorio di questo paese si estendono bellissimi castagneti ben curati e coltivati. In occasione della raccolta è organizzata la sagra delle castagne con l’ assaggio di pani, dolci tipici e caldarroste, degustazione di vini e piatti tipici. Fra i diversi piatti tipici ricordiamo i "maccarunì alli fierri", con ragù di maiale o agnello, "lagana e fasuli", "suffrittu" di maiale con peperoni e olive nere. Tra i dolci tipici citiamo quelli fatti con le castagne, i "scalilli" al miele, i "cannaricoli" di pasta frolla al vino e miele. II 12 dicembre, vigilia di Santa Lucia, si organizza la "Cena delle tredici cose", composta di tredici portate; contemporaneamente, nelle stradine del paese, si accendono dei falò intorno ai quali si festeggia fino a notte fonda.