Cai Castrovillari Sentieri
COLLE MARCIONE (1227m) - MONTE MANFRIANA (1981m)
Numero sentiero: 941
Gruppo Montuoso: Pollino - M. Pollino
Comune: Civita (CS) - Frascineto (CS) - Castrovillari (CS)
Inizio Percorso: Rifugio Colle Marcione (1227m) - Lat N 39° 52.760 Long E 16° 17.682
Fine percorso: Monte Manfriana (1981m) - Lat N 39° 52.706 - Long E 16° 14.949
Difficoltà: EE (Escursionisti esperti)
Tempo di percorrenza (in ore): andata 4.10, ritorno 3.10
Dislivello: in salita 746 m, in discesa 2 m
Lunghezza: 6340 m
Rifornimento idrico: una fonte, lungo la strada asfaltata, qualche chilometro prima di Colle Marcione.
Come arrivarci: Civita si raggiunge uscendo al casello autostradale A3 SA/RC di Frascineto oppure uscendo allo svincolo di Villapiana Scalo - Castrovillari della superstrada 106 bis. A Colle Marcione si arriva imboccando a sinistra la strada montana poco prima dell'abitato di Civita.
Info, punti di appoggio: Rifugio Colle Marcione, attualmente chiuso. Club Alpino Italiano - Sezione di Castrovillari - 334/1005054 - www.caicastrovillari.it - caicastrovillari@tin.it
NOTA: Il sentiero è stato realizzato nell'anno 2005. Ultima manutenzione effettuata, dalla Sezione CAI di Castrovillari, ottobre 2014.
DESCRIZIONE PERCORSO
Si parte da Colle Marcione nei pressi del rifugio omonimo, a quota 1227 m, imboccando la stradina forestale a sinistra della strada asfaltata, si prosegue sulla sterrata in leggera salita, ignorando quella che piega a destra.
Si avanza sul crinale dall'ampio panorama e nei pressi del cancello di chiusura pascolo, nei pressi di una abitazione, ci si inoltra nel bosco di faggio e ben presto si interseca la strada forestale che conduce al Piano di Ratto. Da qui si piega a sinistra, proseguendo in leggera discesa lungo la strada forestale, fino a raggiungere un colle prima di valicare il quale si imbocca il sentiero sulla destra caratterizzato da scalini in pietra. Si continua in salita fino a giungere all'incrocio di Passo della Scala. Si prosegue a destra nel bosco fino ad una prima radura da dove si avanza in forte salita in direzione della cresta (contrassegnata da un omino in pietra). Giunti sul crinale si scende verso il Passo del Principe.
Dal passo, tenendosi sul sentiero pietroso, si giunge presso i resti di alcuni piloni di legno, testimoni dei grandi disboscamenti del passato; si piega sulla destra e si avanza, tra spettacolari esemplari di pino loricato, fino al Passo di Marcellino Serra da dove, seguendo il crinale, si giunge sulla cima Ovest del Monte Manfriana.
Si ritorna per la stessa strada.
VARIANTE PER IL RITORNO
Dal Passo del Principe -subito dopo i resti della teleferica- si piega a sinistra in forte discesa per raggiungere la mulattiera di mezzacosta che porta al Vascello. Al termine della discesa si gira verso destra e ben presto si raggiunge il Piano Ratto. Da qui si prosegue diritto sulla sterrata fino al pianoro successivo per poi piegare a sinistra in direzione di Colle Marcione.
STORIA, AMBIENTE E CULTURA
Storia.
Sulla cima del Monte Manfriana (1981 m), si trovano una serie di massi ben squadrati di notevoli e diverse dimensioni scolpiti dalla mano dell’uomo. Le teorie che cercano di dare una spiegazione alla costruzione -mai terminata- di tali manufatti sono fondamentalmente due: la volontà di edificare un tempio per venerare una divinità o l’esigenza di costruire un ottimo punto di avvistamento e controllo delle antiche strade di comunicazione che collegavano i territori calabri e lucani. Accanto a questi blocchi litei è stata rinvenuta, tra i numerosi reperti di terracotta, una moneta magno greca il cui conio mostra sul diritto un toro con testa umana barbuta e sul verso la dea Athena dai capelli intrecciati con nastro e ornati da un grappolo d’ uva pendenti sul collo, per simboleggiare il prodotto più importante della città/territorio a lei consacrato. Secondo la cultura del tempo, l’effige della dea decorata con la figura di un prodotto serviva ad assicurare la continuità del suo raccolto e quello delle offerte a lei dovute. Nel nostro caso, il toro simboleggiava l’Italia della Magna Grecia jonica e Athena con l’uva quella dell’ Enotria Tirrenica (La fossa del lupo, Vincenzo Barone).
Ambiente.
L’ itinerario si snoda in gran parte, prima di salire sulla panoramica cresta, all’ interno di una delle più belle foreste del Parco Nazionale del Pollino: la Fagosa. Essa si estende su tutto il lato Nord-Ovest dell’alta valle del Raganello ed è composta di una unica specie di albero: il faggio. Al suo interno si nasconde uno degli ultimi branchi del lupo appenninico, che si muove inseguendo furtivamente i numerosi cinghiali. Un’altra specie rara ed interessante che si può osservare nel bosco è quella del picchio nero che costruisce il suo nido sui faggi più vecchi e più grandi. Un buon tratto del sentiero si sviluppa in quota sulla lunga cresta con un paesaggio mozzafiato: verso Sud si domina tutta la valle del Coscile e la fertile piana di Sibari; ad Ovest si stagliano i cosiddetti Monti dell’Orsormarso, prolungamento del Parco verso il tirreno. Ad Est, invece, le prime forre del Raganello. Su questo crinale è possibile osservare l’ elegante veleggiare dell’ aquila reale e del grifone.
Cultura.
La tappa si snoda su di un itinerario che comprende il territorio di due comuni d’ origine albanese: quello di Civita e Frascineto. Paesi che ancora conservano le tradizioni più vere e genuine della cultura albanofona come la “Vallje” del martedì di Pasqua, durante le quali s’intrecciano danze allegoriche e canti antichi che esaltano le vittorie dell’eroe nazionale Skanderbeg sui turchi.
Le Vallje con fantasiose evoluzioni ed improvvisi spostamenti imprigionano qualcuno del pubblico (meglio se "letir", italiano), che, simbolicamente, paga al bar il proprio riscatto. A costui, volta per volta, si rivolgono, improvvisando, versi di lode e di ringraziamento in lingua arbëresh, adagiate su di un ritmo del canto sempre uguale nel tempo. Civita e Frascineto appartengono alla Eparchia di Lungro, professano la religione cattolica di rito greco-bizantino. Questa tradizione si è costruita progressivamente attorno a Costantinopoli, l’antica Bisanzio, quando divenne capitale dell’ impero romano all’ inizio del IV sec. Integrò prima patrimoni di spiritualità cristiana nati in più luoghi: in Siria, soprattutto nel mondo mediterraneo ed ellenista, ma anche nel retroterra di lingua e cultura propriamente siriaca, in Cappadocia e nell’ Asia Minore. Si sviluppò poi progressivamente, ricevendo importanti contributi dai santuari e dai celebri centri monastici sparsi in Terra Santa, a Gerusalemme e nei deserti vicini, oppure più lontano come ad esempio sul Monte Sinai.
Si costituì così una brillante ed armoniosa sintesi di pensiero e di preghiera, arricchita da fonti provenienti da tutto l’Oriente cristiano e dimostrando che il tesoro della tradizione costantinopolitana è molto ampio.
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